Museo delle Ceramiche

Museo delle ceramiche di Castelli

Museo delle Ceramiche

Descrizione

Il museo è stato istituito con legge regionale del 24 gennaio del 1984, per promuovere la cultura e l’arte della maiolica, per salvaguardare la storia e le tradizioni locali, per garantire la conservazione e l’esposizione delle opere che testimoniano le produzioni ceramiche castellane succedutesi nei secoli e quelli degli altri centri di analoga, antica tradizione. 

L’edificio museale è ospitato nell’antico convento francescano dell’ordine dei minori osservanti risalente alla metà del Cinquecento. Il convento ha operato fino al 1866 dopo fu adibito a deposito e, nel 1905 ha ospitato la prima sede dell’Istituto statale d’Arte F.A.Grue per, divenire definitivamente Museo nel 1984. 

Per una migliore fruizione da parte dei visitatori l’edificio è stato strutturato in due piani: al piano terra si può osservare il chiostro rinascimentale circondato da un ciclo d’affreschi datato 1712 che ne ricopre le pareti, eseguito su commissione di famiglie e di istituzioni civili e religiose, che riporta alla pittura barocca. L’opera illustra su 21 lunettoni episodi della vita di Maria, ed ogni lunetta è intercalata da medaglioni raffiguranti volti di Santi e Beate che hanno dedicato la loro vita all’opera religiosa. Il percorso si svolge poi, visitando sale in cui è stata ricostruita una vecchia bottega artigiana per far capire il lavoro manuale e faticoso che si svolgeva per realizzare ogni singola opera: è possibile vedere le vecchie vasche della decantazione dell’argilla, la frantumazione e la realizzazione dell’argilla malleabile, poi ancora le varie tecniche di foggiatura, smaltatura e decorazione dell’oggetto e, infine la riproduzione dell’antico forno per la cottura del manufatto in ceramica chiamato “Forno a respiro”. Il primo piano invece ospita in ordine cronologico le opere dal 1400 al 1900; documenta l’evoluzione delle manifatture castellane dal Medioevo attraverso il Cinquecento, il Compendiario e l’Istoriato Castellano, con opere dei maggiori esponenti di questo lungo percorso artistico che ha reso famoso il nome di Castelli. Sono esposti anche reperti archeologici di matrice prevalentemente apula, corinzia, attica, dauna, etrusca e romana, non provenienti dal territorio di Castelli, che consentono di comprendere meglio l’evoluzione delle tecniche ceramiche. Il nucleo originario delle collezioni appartiene alla “Raccolta civica”, promosso da Giancarlo Polidori negli anni 1930-1940, quando era direttore della Scuola d’arte, via via arricchito da importanti depositi di enti pubblici (regione Abruzzo e Museo nazionale d’Abruzzo) e di collezionisti privati (Fuschi e Nardini) e dalle acquisizioni effettuate periodicamente, grazie anche alle donazioni di generosi estimatori. 

Nella prima sala sono esposti frammenti di scavi raccolti sul territorio castellano e una piccola testimonianza di piastrelle da pavimento e da rivestimento di epoche diverse.
Nella seconda sala sono esposti due piatti medioevali di ceramica ingobbiata graffita recuperati nella grotta di Sant’Angelo, in provincia di Teramo e un boccale frammentato appartenente alle produzioni della prima metà del ‘500. Essa è dominata dai circa 200 mattoni provenienti dalla primitiva “cona cinquecentesca” di San Donato e si possono ammirare solo presso il museo di Castelli, e che sono messi a diretto raffronto con i due vasi farmaceutici della tipologia Orsini-Colonna, posseduti dal Museo, a testimonianza delle analogie stilistiche che hanno consentito, negli anni ottanta del secolo scorso, di attribuire alle manifatture della bottega Pompei questa importantissima produzione cinquecentesca. Si tratta di un corredo farmaceutico la cui produzione era assegnata di volta in volta, ai più noti centri italiani di produzione ceramica fino a quando non furono reperiti frammenti di scavo nella discarica della fabbrica dei Pompei che misero termine alla disputa. I vasi superstiti sono oggetto di un ricercato collezionismo fin dall’ottocento e sono presenti in tutti i più importanti musei del mondo: Louvre, British, Metropolitan, Ermitage, Bargello, Palazzo Venezia, Floridiana, per citarne alcuni. Nella stessa sala è esposta, inoltre, la Madonna che allatta il Bambino, di Orazio Pompei che reca la datazione più antica della ceramica castellana (1551) rubata negli anni 70 dalla sala consigliare del Comune di Castelli dove era esposta, ritrovata sul mercato antiquario dal nucleo di tutela del patrimonio artistico, all’inizio degli anni ’90, purtroppo rotta e manomessa in modo irreversibile, e di recente restaurata, per riportarla al primitivo splendore (la data, purtroppo, è stata modificata in 1550). 

Il periodo a cavallo fra il cinquecento ed il seicento, in cui domina lo stile compendiario- una pittura semplice di sintesi come denuncia lo stesso nome, nei toni languidi del giallo, dell’arancio, del verde e del blu, della tavolozza castellana non ancora arricchita dal bruno di manganese- è documentato da un pannello, che ricompone un campione del soffitto seicentesco di San Donato (1615-1617), ancora in sito, realizzato con i mattoni non ricollocati sul soffitto dopo il restauro del 1969-70, dai mattoni incompleti già appartenuti al soffitto stesso dal Paliotto di Colledoro e dal Panello con l’Arcangelo Gabriele da una serie di piatti da pompa, che venivano utilizzati per ornare le case nobiliari, da contenitori farmaceutici e targhe devozionali.

 La quarta a la quinta sala contengono una significativa documentazione dell’istoriato castellano con una serie di opere di pittori appartenuti alla varie dinastie di maiolicari: i Grue, i Gentilii, i Cappelletti, ed i Fuina, che dal ‘600 all’ 800 hanno mantenuto alto il prestigio delle produzioni ceramiche castellani. Nel corridoio intorno al chiostro è esposta una selezione degli “spolveri” settecenteschi provenienti dalla fabbriche dei Gentilii- sono disegni su carta bucherellati per trasportare il disegno sul supporto ceramico troppo tenero per sopportare il segno della matita-, e un deposito a vista con materiale non incluso nel percorso ordinario.

 Al piano terra si possono ammirare trenta opere donate dal Maestro Giorgio Saturni, che per tanti anni, è stato docente dell’Istituto d’Arte di Castelli, prima di andare a dirigere gli Istituti di Isernia e Chieti. In un percorso che ricompone una vecchia bottega maiolicale con i diversi cicli lavorativi della produzione della creta e degli smalti, della foggiatura, della smaltatura e delle pittura, sono esposti anche strumenti per la lavorazione della ceramica provenienti dalle antiche botteghe e un modello del forno a respiro, di invenzione castellana. Il Museo persegue il duplice obiettivo di ampliare le collezioni con opere di qualità per quanto attiene ai periodi di maggiore splendore e di arricchire le testimonianze ottocentesche, soprattutto quelle a carattere popolare, che fino ad oggi hanno avuto scarsa attenzione. Analogo interesse è rivolto anche alle produzioni del secolo scorso, quando anche grazie all’azione dell’Istituto Statale d’Arte per la ceramica, si è assistito ad un rifiorire delle attività artistiche ed economiche. In questa logica sono stati recentemente acquistati un importante vaso farmaceutico della fabbrica di Gesualdo Fuina (1755-1813), secondo studi recenti di Michele De Dominiciis (1781-1861) e un servizio in porcellana prodotto a Castelli dalla SIMAC agli inizi degli anni ’30 del secolo scorso. Castelli è stato per secoli all’avanguardia delle produzioni ceramiche per la capacità di seguire l’evoluzione delle tendenze artistiche e del gusto, garantendo, nello stesso tempo l’introduzione di produzioni innovative e di tecniche di produzione più aggiornate. Il Museo, nell’intento di mantenere viva l’attenzione degli operatori non solo verso l’antica tradizione ma anche alle manifestazioni più avanzate dell’arte contemporanea, ha organizzato in questi ultimi anni, a cura di Antonello Rubini, numerose mostre personali (Artias, Marotta, Sciannella, Mingotti, Birotti; Fieschi e Pulsoni) ed una collettiva (Carrino, Cascella, Di Fede, Ligi, Nannicola, Palasti, Palmieri, Santoro, Sciannella, Tito, Visca) di artisti contemporanei chiamati, spesso, a realizzare le loro opere nei laboratori artigiani di Castelli. Nello stesso tempo ha continuato a farsi promotore, come è suo compito, della valorizzazione e della diffusione della secolare tradizione e del grande patrimonio culturale che Castelli rappresenta per l’Abruzzo intero. Sono state, così realizzate negli anni 2003 e 2004, con il pieno appoggio dell’Amministrazione comunale di Castelli e con la determinante partecipazione rispettivamente di un apposito comitato, costituitosi a Teramo con gli auspici del Comune e del Museo, e del Museo delle Genti d’Abruzzo e di Pescara, le mostre L’Antica Ceramica da Farmacia di Castelli, una rassegna delle produzioni di contenitori farmaceutici dal Cinquecento all’Ottocento e La straordinaria Fucina dell’Arte, una mostra antologica delle produzioni castellane dal Rinascimento al Neoclassicismo, che sono state ospitate a Teramo, a Pescara, ed a Roma a Palazzo Venezia, oltre che a Castelli. Nel 2007 è stata inaugurata ,il 31 maggio, presso il Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma, la prima delle tre tappe italiane della mostra “Le maioliche di Castelli - Capolavori d’Abruzzo dalle collezioni dell’Ermitage”. Per oltre un mese a Roma, e successivamente a Castelli ed a Teramo, sono stati esposti i manufatti dei più eminenti maestri di Castelli, quali Pompeo di Bernamonte, Orazio Pompei, Francesco e Carlantonio Grue, Nicola Cappelletti e Carmine Gentile, in rappresentanza dei principali stili pittorici adottati a Castelli tra il XVI ed il XVIII secolo.
E’ stata la prima volta che i capolavori della maiolica di Castelli, usciti dall’Italia a varie riprese ed in diverse occasioni negli anni d’oro del collezionismo sovietico compresi tra la fine del 1700, tutto il 1800 fino ai primi anni del ‘900, hanno fatto ritorno in patria con l’occasione di una grande mostra. Uno degli obiettivi dell’ esposizione è stato quello di documentare in maniera unitaria e corretta l’intricata e fino ad ora mai indagata storia della dispersione di tali manufatti artistici, dall’altra aggiornare e correlare criticamente la grande quantità di contributi scientifici prodotti dalla storiografia nazionale ed internazionale sulla ceramica di Castelli nel corso di questi ultimi decenni. E’ noto che la collezione d’arte italiana dello storico museo sovietico è estremamente cospicua e consistente; la sua formazione è avvenuta gradualmente e si fonde indissolubilmente con la storia della nascita dell’Ermitage come museo. I reperti “più antichi”, acquisiti cioè agli esordi delle storiche collezioni sanpietroburghesi, risalgono al XVIII secolo ed alla metà del XIX, quando l’Ermitage non era ancora un museo pubblico; una gran quantità di oggetti d’arte, proveniente dai più svariati paesi europei come ricca testimonianza della migliore produzione artistica di ogni tempo dei singoli contesti, pervenivano al Palazzo d’Inverno e nelle altre residenze dello Zar con l’obiettivo di decorare e di impreziosire quelle sedi con quanto di meglio esisteva in Italia, in Francia, in Germania e in Olanda. La selezione delle ceramiche di Castelli si qualifica dunque, all’interno delle collezioni imperiali russe, come testimonianza estremamente esemplificativa di un fenomeno antiquariale collegato all’espandersi di un gusto estetico sofisticato ed esigente che ha dato vita ad una gloriosa stagione di acquisti di importanti collezioni o di singoli pezzi di maioliche finalizzati alla creazione di una prestigiosa collezione d’arte.”La mostra organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia e Comitato Promotore delle Mostre dell’Antica Ceramica di Castelli - raccoglie 77 opere d’arte: vasi, piatti, albarelli, mattonelle, coppe, brocche e salsiere, tutte di straordinaria fattura. Dal luglio 2008 la collezione del museo si è arricchita grazie alla donazione di 200 opere donate dal Dott. Alfredo paglione del grande artista futurista Aligi Sassu. Opere in ceramica, bronzo, sculture, litografie che ricostruiscono la storia di questo grande artista che ha sempre manifestato il desiderio di realizzare opere nel paese di Castelli e quindi da sempre affascinato da questo piccolo borgo che racchiude una storia così importante. “Il gran fuoco di Aligi Sassu”, questo è il nome della mostra, è la celebrazione dell’opera di un grande maestro della ceramica italiana che trova a Castelli un luogo degno e di grande respiro. Duecento opere in ceramica di indubbio valore e grande prestigio, arricchiscono il patrimonio e la collezione del Museo delle Ceramiche, connotando ancor più la prestigiosa istituzione per il carattere di unicità alle ceramiche appartenenti alla tradizione artistica di Castelli. Questa donazione che documenta l’attività nel campo della ceramica di Aligi Sassu, costituisce un evento di grande rilievo non solo per Castelli, ma per l’Abruzzo intero, che vede così incrementata il suo patrimonio culturale con espressioni artistiche di uno dei maestri più significativi del Novecento. Essa si affianca alle generose donazioni ed ai comodati che il Dr. Alfredo Paglione e la sua compagna Teresita Olivares hanno effettuato a favore di numerosi musei abruzzesi, dal MAS di Giulianova, il Museo di Palazzo d’Alvalos di Vasto, Museo Barbella di Chieti, il museo Colonna di Pescara. Paglione, infatti, nella sua lunga attività di gallerista ed organizzatore di mostre ha raccolto un gran numero di dipinti, sculture ed opere grafiche, che, nel novello mecenate non riserva al suo personale godimento ma vuole condividere con il grande pubblico nella amata terra d’Abruzzo, sua tterra d’origine per promuovere l’idea della bellezza che è stata alla base della sua attività. Il maestro Aligi Sassu, in una visita al paese di Castelli aveva manifestato il desiderio di potervi realizzare delle opere; il desiderio non si è potuto realizzare nella forma auspicata ma, ha trovato certamente un modo diverso per materializzarsi attraverso la realizzazione di questa esposizione permanente assai significativa per il numero e la qualità delle opere. D’altra parte l’approccio di questa collezione a castelli sembra il più consono nell’ambito abruzzese per l’importanza di questo centro di antica tradizione ceramica, in grado anche di garantire un adeguato spazio espositivo negli ambienti del Museo recentemente ristrutturato. La donazione si colloca a coronamento di una intensa attività del museo e della politica condotta in questi anni per arricchire le collezioni anche con la documentazione delle espressioni artistiche contemporanee.

Modalità di accesso

Si accede alla struttura dal portone principale sito in Salita Paradiso, 64041 Castelli TE.

Come arrivare

Salita Paradiso, 64041 Castelli TE

Mappa

Costi

Non sono previsti costi per l’accesso alla struttura.

Orario per il pubblico

Il museo è aperto il sabato e la domenica, alla mattina dalle ore 10.00 alle ore13.00, nel pomeriggio dalle ore 15.30 alle ore 18.30.

Si consiglia di contattare direttamente la struttura al numero +39 0861 970725

Struttura responsabile

Ulteriori informazioni

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Ultimo aggiornamento: 03-07-2024

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